IMMIGRATI – VACCARINO: “LA CNA HA SEMPRE FAVORITO E INCORAGGIATO IL LORO DESIDERIO DI FARE IMPRESA”
“La Cna ha seguito con attenzione, fin dall’inizio, il fenomeno dell’imprenditoria immigrata. Ci siamo impegnati da subito non solo a fornire servizi alle imprese, ma anche a dare qualcosa di più, ad aiutare gli immigrati a entrare nel mondo dell’imprenditoria in un Paese dalla burocrazia complessa, dal credito difficile, dal fisco soffocante. E’ nata per questo Cna World. Soprattutto per aiutare gli immigrati a entrare nel mondo dell’imprenditoria nel rispetto della legalità. Perché la Cna ha interesse ad aiutare le imprese a strutturarsi per non durare lo spazio di un mattino. Non solo. La Cna crede tanto in questo suo progetto da aver fortemente coinvolto gli immigrati all’interno degli organi associativi per conoscerne meglio i problemi e arricchirci noi stessi della loro esperienza. Lo dimostra il caso di Prato. Il vicepresidente della Cna a Prato è un imprenditore cinese. Questo ha permesso l’iscrizione all’associazione di centinaia di imprese cinesi che vogliono lavorare nella legalità”. Lo ha affermato Daniele Vaccarino, presidente della Cna, intervenendo alla presentazione del “Rapporto immigrazione e imprenditoria 2014”, elaborato dal Centro studi e ricerche Idos in collaborazione, tra gli altri, con la Cna.
Il dato del Rapporto che maggiormente salta agli occhi è l’incremento di imprese immigrate negli ultimi tre anni, in controtendenza rispetto alle tendenze dell’imprenditoria autoctona. Tra il 2011 e il 2014 il numero delle imprese con titolare nato all’estero (nel caso di ditte individuali) o con la maggioranza dei soci nati all’estero è cresciuto costantemente da 454mila a 497mila unità (+9,3%), un quarto delle quali gestito da donne, a fronte del -1,6% delle imprese con titolare italiano o maggioranza di soci nati in Italia. A livello territoriale è la Lombardia a fare la parte del leone (raccoglie il 19% delle imprese immigrate), seguita da Lazio e Toscana. Ma la differenza più evidente nell’andamento delle imprese l’anno scorso è emersa nelle regioni centromeridionali. Nel Centro a fronte di un -0,3% per le imprese di nativi italiani si riscontra un +5,4% per le imprese di immigrati, al Sud un -0,7% di fronte a un +5,5%. A livello di settori, commercio ed edilizia mettono assieme oltre il 60% delle imprese immigrate. Oltre l’80% delle imprese condotte da immigrati iscritte negli elenchi camerali sono individuali.
“Mi piace che nel Rapporto venga usata l’espressione ‘protagonismo pieno dell’imprenditoria minore’ – ha sottolineato Vaccarino – perché in Italia la valutazione delle piccole imprese, e non solo, è altalenante. Si è passati dal ‘piccolo è bello’ al ‘piccolo uguale nanismo uguale a maggiore fonte negativa dell’economia italiana’. Noi che non ci esaltavamo prima, non ci demoralizziamo adesso. Constatiamo, di certo, che non possiamo più analizzare una società che non c’è, quella delle grandi imprese in via di estinzione, e non è un aspetto positivo, ma dobbiamo analizzare la società reale, fatta per il 94% da artigiani e piccole imprese”.
“Sei anni e più di crisi hanno prosciugato le risorse delle piccole imprese – ha spiegato Vaccarino – con le quali si è fronteggiata l’emergenza. Dopo il 2010 anche per i piccoli imprenditori, ormai dissanguati, è cominciata a farsi sentire duramente la crisi, anche in termini occupazionali. Un momento tutt’altro che facile, pure psicologicamente, perché in una piccola impresa il dipendente è tutto”
“Ora, quando si dice che l’impresa immigrata ha resistito meglio alla crisi – ha puntualizzato Vaccarino – bisogna stare attenti. Perché in questa resistenza, oltre all’impegno personale del piccolo imprenditore, ci sono episodi, talvolta, di lavoro nero e di rispetto non totale per le leggi”.
“Se qualcuno dice che le piccole imprese sono fuori dalla crisi – rileva Vaccarino – commette un errore. Emergono solo piccoli e discontinui segnali. In un quadro del genere il rischio di una contrapposizione fra imprenditori, messa in luce dal Rapporto, esiste. Nel commercio. Nell’edilizia. Nel manifatturiero, come dimostra il caso di Prato. E nel settore dei trasporti, sottaciuto, ma esplosivo. Per evitare pericolose contrapposizioni, allora, tutti devono rispettare le regole. L’impegno profuso dalla Cna nell’avviare le imprese sui percorsi della legalità, in questa fase storica ed economica, si dimostra allora quanto mai utile”.